Father and Son è un progetto che ci ha affascinato ed incuriosito fin da subito, a partire dalla sua presentazione. L’unione tra uno dei musei più importanti d’Italia ed un videogame rappresenta qualcosa di completamente inedito. Mentre lavoriamo alla recensione, abbiamo avuto la possibilità di parlare con Fabio Viola di TuoMuseo, associazione che ha sviluppato questa avventura.

Father and Son

Innanzitutto presentati ai nostri lettore ed illustraci il tuo ruolo all’intero di TuoMuseo.
Sono uno dei tanti ragazzi cresciuti negli anni ’80 con la passione per i videogiochi. Dopo aver fatto spendere milioni di lire ai miei genitori per foraggiare questa mia passione (dal Commodore 64 in poi), iniziai ad essere interessato ai meccanismi interni dell’industria. Dopo aver lavorato dai 17 anni per diverse testate online di videogiochi (tra gli altri guidai l’area console ed il canale Xbox di Multiplayer.it), fondai la mia prima startup a 22 anni fino a ritrovarmi a lavorare per alcune delle più grandi case di videogiochi, da Electronic Arts Mobile a Vivendi Games. Nel mentre cercai di perseguire anche l’altra mia grande passione, l’archeologia. La studiai all’università e recentemente ho fondato e rivesto il ruolo di Presidente dell’Associazione Culturale Tuomuseo, nata grazie ad un bando sulla innovazione promosso da Fondazione Cariplo.

Visto che si tratta di un esperimento mai proposto prima: come è nata l’idea di un videogioco per un museo?
Da ormai due anni mi capitava di intervenire a conferenze nelle quali auspicavo l’intersezione tra musei e videogiochi consapevole che avrebbe aperto numerose porte positive ad entrambi i settori. Sono fermamente convinto che le istituzioni culturali possano, e debbano, aprirsi a nuovi linguaggi e pubblici per raccontare le bellezze che custodiscono, ed in questo i videogiochi rappresentano un media espressivo straordinario. Questa mia attività di divulgazione, abbinata alla lungimiranza del prof. Solima (Università della Campania) e di Paolo Giulierini (direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli) ha creato i presupposti per la realizzazione del primo videogioco al mondo di cui un museo diventa vero e proprio publisher. Il progetto è Father and Son, scaricabile gratuitamente su App Store e Google Play.

Quali sono state le sfide che avete affrontato con questo progetto?
La difficoltà principale è stata quella di individuare un gameplay che riuscisse a trasferire la bellezza delle epoche passate e delle collezioni del museo senza trasformare il prodotto in un gioco educativo. Un bilanciamento difficile, da una parte la componente di intrattenimento dall’altra il rispetto storiografico di alcuni contesti come l’ultimo giorno di vita di Pompei prima dell’eruzione del Vesuvio.  Vedremo la ricezione dei giocatori, per ora una media di 4.9 ci sta sorprendendo al pari delle recensioni e messaggi che stiamo ricevenendo.

Father and Son

Il gioco prende ispirazione da altri titoli story-driven? Ad esempio le avventure di Telltale?
Sono un grande estimatore dei giochi Telltale ed in generale dei giochi guidati dalla storia più che dalle meccaniche. Senza volerci accostare minimamente alla genialità del team Telltale, nel nostro piccolo e con le risorse temporali ed economiche a nostra disposizione, ci siamo posti come obiettivo quello di far emozionare e riflettere il giocatore. L’idea di base del gioco è dimostrare come alcuni sentimenti non abbiano tempo, non importa se una amicizia sia nata durante l’Antico Egitto o nella Napoli nel 2017, le sensazioni che si provano sono uguali e senza tempo.

L’idea di sfruttare le geolocalizzazione è un modo per unire reale e digitale?
Un videogioco può diventare uno straordinario strumento per raggiungere nuovi pubblici e veicolare loro emozioni ed informazioni, ma poi serve compiere un passo avanti incentivandolo comportamenti reali. Nel caso di Father and Son, è possibile sbloccare alcune feature extra (aggiuntive e non propedeutiche al gameplay) effettuando check in all’interno del museo. Quello che sta avvenendo in queste ore è proprio questo, persone che scoprono dell’esistenza del museo attraverso il videogioco, ne ammirano le bellezze architettoniche e di collezioni conservate e ci dicono che non vedono l’ora di visitarlo.